Il bello artistico e il bello di natura

Avete letto della discussa performace di Julian Charrière e Julius von Bismark? In occasione della Biennale di Architettura, che si apre domani, Charrière ha catturato alcuni piccioni che svolazzano attorno a Piazza San Marco; dopo averli catturati li ha colorati; dopo averli colorati li ha liberati; Bismark li fotografa.

La performance si intitola Some pigeons are more equal than others

Viene da chiedersi: che senso ha tutto questo? Nel suo sito, Charrière non lo spiega.

Ci proviamo noi. Si può affermare: colorare i piccioni intende mettere in risalto questo piccolo popolo delle nostre città – notoriamente di Venezia, dove può darsi abbiano persino superato in numero gli abitanti residenti. Il colore, che comunque non dovrebbe essere permanente né tantomeno nocivo, “abbellisce”  e “decora” la città, “diverte” i passanti.

Contro questa spiegazione tuttavia si può sostenere il primato della natura sull’arte (vedi articolo dei nostri colleghi di artsblog). Sostenere questo primato equivale a rigettare il lavoro di Charrière e Bismark. Infatti: non è moralmente accettabile sfruttare esseri viventi intelligenti per produrre arte; quando lo si fa ciò che si fa non è arte ma qualcosa di non etico, qualunque sia l’intenzione dell’artista (provocare, sfidare i tabù, rivendicare rispetto per i piccioni, rendere giustizia in controluce a questa specie). Secondo questa tesi l’intenzione dell’artista è ininfluente, tanto, si sa, non corrisponde all’intenzione dell’animale.

Uno potrebbe controbattere dicendo: beh, tanto neanche mangiare carne corrisponde all’intenzione dell’animale, eppure la si mangia lo stesso. L’animalista, che probabilmente non mangerà carne, risponde: ma mangiare carne per mantenersi in vita è ben diverso che deturpare, benché solo temporaneamente, degli animali per fini artistici.

Il sostenitore della libertà dell’arte infine fa notare che quest’ultima affermazione si basa su una differenza di intenzioni. Infatti chi dice che è sbagliato prendere dei piccioni e servirsene per fare opere d’arte, poiché essi sono animali innocenti che non hanno per niente voglia di diventare gialli o verdi, sta in realtà facendo un processo alle intenzioni (del piccione).

Io userei un argomento molto diverso per dire che l’opera di Charrière e Bismark è brutta, e chissene della morale. Io direi: è brutto colorare i piccioni, perché i piccioni sono belli così come sono. Se qualcuno avesse voglia di metterne in rilievo la presenza silenziosa, si provi ad adescarne uno con del mais tostato, ne si notino le belle sfumature cerulee del piumaggio, la silhouette, l’incedere, lo sguardo che pare di chi è lì per caso.

I piccioni sono belli così come sono, non c’è bisogno di colorarli e anzi, colorarli ne rovina l’aspetto. Tutto qui.

Ah, dimenticavo: forse Charrière e Bismarck non sanno che Mike Tyson alleva piccioni da quando è ragazzino, ne è letteralmente innamorato e non credo che li apprezzi molto in blu, in giallo o in verde. Al loro posto starei attento a quali piccioni sto colorando.

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